mercoledì 28 settembre 2011

La caduta dei dannati

 
  Hieronymus Bosch, La caduta dei dannati, 1490
Hieronymus Bosch, L'inferno, 1490



..e ignari delle conseguenze scorticarono risorse e sopportazione del già divelto pianeta finché l'insaziabile Mietitrice dal sardonico sorriso s' affacciò sadica alla finestra della vendetta.
Origami insospettabili scaturiscono dalla mente della divina furbizia quando l'impaziente le porge la guancia e lì, fredda, essa pugnala a morte l' accecato portatore d' odio. Bollente, lo spirito incauto del vendicatore perde sovente l'equilibrio dinanzi al sorger del lume infernale della mente più lucida e, difficilmente, tale regola perderà effetto nell' avvicendarsi di nuove e sanguinose diatribe. Ira o fiera e lucida cattiveria?
-"Cattiveria", rispose ornato di ghigno l'infernale Belzebù.
Un mattino di gennaio portatore di nubi dal profilo scuro come i fatti che seguiranno vide l'onta\la giustezza (?) del crimine più grande sollevarsi nell'aria indurita dal freddo.

Dopo poche veloci note d'amor luciferino la notte divina avvolse inarrestabile ogni cosa ed il sacro ed adamantino Silenzio non fu interrotto più. Per secoli.
Tutto venne privato del fervore che l'animava e perfino i regimi paranoici, le celesti democrazie, i cuori più ardenti, l'ignoranza tracotante, la livida burocrazia furono presto immobilizzate nelle spire dell' insaziabile serpente di Ade.
Anime desolate persero la vista e con essa il senno e le morti incrementarono immerse nel fosco lago gelido del silenzio indistruttibile. Solenne assenza di rumore inghiottì il mondo attonito spargendo vendetta contro il nemico caotico e nulla avrebbe potuto intaccare quella coltre di nera e abissale potenza. Gli antichi dei lasciarono (o fecero in modo) che il mondo ne fosse inghiottito senza donare ai suoi abitanti né fuoco né calore e forse risero della condizione in cui versava la più arrogante creatura a cui avessero mai donato l' esistenza. Si trattava forse di una punizione?                                                                                              
L' uomo imprecava e prese ad odiare chi gli aveva tolto il sole e la luce e l' opportunità di poter osservare il mondo dall' alto del suo adorato pulpito.                                        
Era stato padrone l' uomo, era divenuto solo una creatura cieca e barcollante. Il suo regno stava per spegnersi infinitamente prima di quanto avrebbe potuto. Gelo e fame presero presto il sopravvento, incuranti della zoppicante operosità della stirpe umana e l'oceano infreddolito gonfiò il petto fino a conquistare orrendamente i litorali oziosi. Le infernali gote di Eolo spirarono gelida morte nei polmoni dell' adamitica progenie e tutto finì per essere corpo esanime ai piedi del trono famelico dell'oscena Noia.
Morì l' uomo fra le tenebre, e morirono gli dei di noia quando non ebbero più pedine da ingoiare!

giovedì 22 settembre 2011

“Al valico tra il sensismo della veduta e l’idealismo neoclassico, Giovan Battista Piranesi (1720-1778) preferisce l’isolamento alla scelta. È veneto, ma dal 1740 vive quasi sempre a Roma. Ha formazione di vedutista, canalettiana; ma preferisce l’incisione alla pittura. È architetto; ma costruisce solo una chiesa, piccola e stupenda, Santa Maria del Priorato, e invece ritrae all’incisione i monumenti antichi, documenta con ammirevole esattezza i reperti degli scavi di Ercolano, teorizza e polemizza sull’architettura” Giulio Carlo Argan

Campo Vaccino, il nome con cui veniva chiamata l'area dell'antico Foro romano a partire dal XVI secolo. Il nome deriva dal mercato delle vacche che vi si teneva. Nel 1800 cominciarono i lavori di scavo nel Foro.
 
    Ritratto del Piranesi

Piramide Cestia, 18-12 a.c.

Piramide Cestia e porta San Paolo (il nome originale era Porta Ostiensis, inizio della via Ostiense)

Arco di Gallieno, in origine Porta Esquilina. E' una porta della prima antichissima cinta muraria della città, precedente a quella serviana, secondo la tradizione risalente a Tarquinio Prisco, VI sec. a.c.


Fontana di Trevi

Spaccato interno della Basilica di S.Paolo fuori le mura, la più grande delle basiliche papali di Roma dopo S.Pietro. Martyrium di Paolo di Tarso, fu poi monumentalizzato da Costantino I con la realizzazione di una basilica consacrata nel 324. 

Colosseo

Obelisco Lateranense. Ritrovato in pezzi, fu eretto nel 1588 per volere di Papa Sisto V. Si tratta dell'obelisco monolitico più alto del mondo, realizzato nel XV sec. a.c. in Egitto e trasportato a Roma per volere dell'imperatore Costanzo II nel 357.

Villa Albani, 1758.

Appia ideale

 
 Piazza San Pietro

Piazza e basilica di San Pietro


Pantheon. Fu fatto costruire da Agrippa, genero di Augusto. 27-25 a.c.


Carceri del Piranesi

Paestum. Tempio di Era detto 'basilica'. 530 a.c.

Cori, Latina. Tempio di Ercole. 89- 80 a.c. Il tempio dominava l'antica città di  Cora dall'alto, posizionato sulla sommità del colle



Tempio della Concordia. Situato nel Foro Romano. 367 a.c.


Paestum. Tempio di Hera, detto anche di Nettuno. 450 a.c. ca.

lunedì 19 settembre 2011

Dov'è il mare?

Pieter Bruegel, Il trionfo della morte, 1562



Niente mare. Finito; scomparso nella gola di Nettuno!
Il sole si è levato e gettando un occhio giù è ora sgomento di fronte al vuoto acre e brullo lasciato
dall' immenso Oceano.
Il cielo sovrano tende al vino ora che non ha più il dovere di dipingere il mare e le splendide mareggiate autunnali non hanno lasciato nulla dell' inquietante suono della libertà.
La sabbia rosa dell' isola ora montagna da qualche giorno non viene più lavata e accarezzata dall' onda spumosa e la forte spalla di Atlante non è più bagnata dalle lacrime del mondo,
ora palla di terra e sabbia!
Dal deserto di petrolio sciamano branchi di uomini curiosi verso le sponde dell' oceano a lutto e le barche,
i ponti, gli argini sfiniti intonano canti sussurrati e malinconici alla luna.
I fiori, i torrenti e i monti innevati sono chimere e gli albatri, i gabbiani, i fenicotteri emettono echi lancinanti che si infrangono contro i volti sgomenti di uomini atterriti.
Cavalieri d'apocalisse divorano ira e speranza mentre colori cupi s'alternano minacciosi  sugli sguardi levati al cielo. Barche e navi arrugginite sfiorano in basso i burroni degli attracchi; le arterie vitali che segnavano pascoli e colline giacciono esanimi defraudate del loro vigore e della loro generosità e l' oceano panciuto e iracondo
è uno squarcio infernale fra le costole ferite del pianeta.
Orco sapiente ingoia- audaci, pesanti muggiti sferzano le nuvole; l' orrenda sparizione cala come drappo nero
su un volto terribilmente scavato dagli anni.

giovedì 15 settembre 2011

Echoes

William -Adolphe Bouguereau, La nuit, 1883


Luce risveglia-sensi spinge la notte oltre le rive del mondo;
figure lise assetate di ordigni- sentimento si lanciano col più incerto dei parapendii.
Anche Mattino audace ignora i pericoli e popola nuovamente gli orizzonti;
al suo arrivo rinuncio a grappoli di orfiche figure orbitanti.
Le ultime legioni d'ombre cingono d'assedio menti inermi mentre dissolvono gli ultimi sogni;
i colori s'innescano all'improvviso sui primi gradini del paradiso.
Mentre i gioielli si confondono con la luce adamantina del creato,
fra i viali apparecchiati e vetrine luccicanti, scopro crepitanti frasi ricoperte di polvere;
parole incolori che perdono vigore come fossero orologi molli e sconfitti.
Ora s'alza il ticchettio del tempo in un incredibile concerto di suoni;
collaborano automobili, uccelli, la folla, il rumore del pianeta che gira su se stesso.
Il pomeriggio viene a prendermi per mano col suo alito di fuoco:
ecco che il capitano ti guida nella vita rattoppata!
Le reti dei pescatori di lance catturano rombi panciuti mentre invecchia un altro sole;          
ma quel sogno esiste o no?
Erebo fa capolino fra gli ultimi scampoli dell'indimenticabile serenata dei girasoli.
Cento sparizioni eccellenti lasciano platee oniriche e pochi ma robusti fantasmi;
dopo il giorno immobile troneggia la notte metafisica.
Spira l'animo fiacco del pallido giorno ed echeggia l'insuperato grido delle operose tenebre;
il giorno annega nel lago rosso del tramonto.

martedì 6 settembre 2011

Bedrooms

Vincent Van Gogh, La camera di Vincent ad Arles, 1888



Ogni stanza da letto trasuda infinite frazioni dello spirito di chi le abita. Ne sono ospiti indesiderati i suoni che penetrano attraverso le finestre ; suoni veloci senza contesto che corrono con eccessivo zelo attraverso le pareti. Ma una stanza veramente spirituale, con la sua atmosfera sognante e pigra neanche s' accorge di tali intrusioni: lo spirito ne resta integro e indifferente, come fosse di pesante granito.
Sulle mura a volte s' affollano strani abomini dell' arte moderna, sui pavimenti orientali stoffe appesantite dalla polvere dei giorni, sulle mensole idoli e oggetti che il loro essere così tanto ricorrenti rende terribili alla vista; demoni armati di artigli e colpi bassi vengono fuori dagli angoli nascosti dei mobili e di quegli antichi scrittoi che celano in essi così tanto mistero, e ancora, cascate di ricordi che si propongono di evocare non so quale tipo di affetti , vengono giù prepotenti dalle foto in bella vista. Armonia, oscurità, torpore, in quegli antri dove la mente è cullata come in una serra calda; oggetti, affetti, delizie e stelle nere colme di punti di domanda s'accalcano come spettri tutto intorno.
Sogno, orrore, ricordo e malizia miste a miseria, ricchezza e trivialità esplodono repentine di fronte all' avventore come fossero temporali in agosto; poi regnano la calma e l' eternità, con la loro forma languida e sognante.
Ogni alcova con le sue luci ammaestrate, i suoi mobiletti intagliati nel legno bruno, i suoi libri ordinatamente impolverati, il calore riproposto sotto altre ed eterogenee forme è scrigno che conserva in sé un' atmosfera crepuscolare, in cui si è cercato di (ri)costruire la Beatitudine, quella che spesso manca nello spirito di colui che vi alberga. A volte quasi come un moderno Des Esseintes, il proprietario ne fa monumento alla condanna dell' esecrabile città che dall'esterno picchia contro i vetri come fosse un avventore bisognoso.                      
Ma l'effimera e seccante epopea fotografica che piove dal soffitto, spesso, non sembra in accordo con la presunta mediocrità della realtà temporaneamente scostata.
Sovente ho studiato questi piccoli centri di ricostruzione capillare del gusto e dello spirito e ne sono affascinato: troni variopinti e magici di realtà e accuratezza, sui quali siede soltanto un sovrano, un sovrano dominato dall' estetica e dall' inconscio. Il risultato è che tutto il nostro stridente mondo esterno si riflette nelle nostre stanze, dimore sonnamboliche dello spirito, dimore senza tempo colme di paure appena smorzate, piene di cieli grigi, avide di rimpianti, tinte del rosso della realtà più autentica e priva di romantiche velleità, tuttavia esentate dal Dovere implacabile, figlie non riconosciute della "buona novella", amica spesso terribile, feconda di carezze ed inganni.