giovedì 22 marzo 2012

Gli aggettivi del tempo

Salvador Dalì, La persistenza della memoria, 1931


Io nutro i dubbi sul creato- creatore che uno studioso di teologia dovrebbe vestire,
-idiozie!- balla, corri, fingi amore, spegni le luci, crocefiggi quell'asino, pendaglio da forca!-
perdo tempo al calar del sole nell'ascoltare il rumore del creato villano-rivoltato-affannato
farsi beffe del tempo, e giù con l'ennesimo eccentrico tramonto, fulmine a ciel sereno.
Sperando nell'ozioso sbeffeggiare del sole infausto, aspiro a spettrali-crepuscolari eruditi antiqui, non antiquati, dar brividi con la loro splendida ragione.
E brindo sorridente- sberla- ad un frutto marcito- zuccherino- alcolico guadando un fiume di rabbia mista a versi serali ciechi, lividi, grossolani, sbriciolati, certezze non certosine d'un tempo che corre verso il suo declino -non c'è declino di natura che possa scalfire il tempo, solo sabbia che scorre all'infinito son io!- E poi all'imbrunire le nuvole si fanno poesia, dopo esser state pioggia, freddo, strette di mano, orgoglio blando plumbeo, origlio al tuo creato-alla tua isterica new york- appiccicosa cera d'api.
E sbam, via un altro giorno-furbo-miserabile-ansioso-stanco-fumoso, rimbombano risate, rimbombano persino risate di chi non c'è- declino angoscioso della cognizione reale d'irrealtà fantasticata-precipitata-marmorea.
Il suo inflessibile imparare dall'imparare e poi disimparare tutto nell'arco d'una articolata, chiacchierata, scritta e riscritta crisi sociale, bam via al conflitto irreparabile. Giardino pieno di punti di domanda questa vita immersa in vite imperfette, clericali, piatte, regolari, ineccepibili, austere, fradice di noia, noia, sport, doccia, pizza! E fortunatamente ci son giovani che dimenticano i pettini, ah beati giovani senza pettini, non regalate emozioni lise, stirate, ordinate, preconfezionate!
Pensate a chi le ha già viste e riviste, brulle concezioni di vita-non vita, piagnucolosa spacca-budella, tu tanto ammirata sotto pietre e immondizia, ignorando tutto di noi, lì finirai.
Salgo, sudo, ridiscendo, svengo, brucio, urlo, credo in domande fantastiche- fantasticate-infreddolite spiar il tempo e non farsene una devastante, perentoria ragione.
Cedi, tempo, regalaci visioni estatiche e frenetiche, brilla tempo noioso, esplodi uragani, granai, di salite e discese verdeggianti, clericali, pubblicitarie, infarcisci d'India la tua miserabile, impensata, impensabile corsa- sbrana-  calcagna e vibra celeste di note estatiche- aromatiche- leali- esotiche! E se un solo giorno nella tua spettrale città non subissata dalle polemiche del troppo giornalismo-impero-substrato che inghiotte buon senso, si farà un gran falò di te e dei tuoi avi grigi-caos-big bang, delle ere e degli altari che ti amano, allora finirai sotto la fradicia nemesi  d'un tempo senza tempo, vuoto-deglutito-finito.

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